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Il Giubileo e il perdono
Riprendiamo il tema del perdonare iniziato settimana scorsa. Anzitutto bisogna perdonare per vivere: non perdonare significa permettere a chi ci ha fatto del male di continuare a rovinarci la vita. In secondo luogo, “perdonare non cambia il passato, non può modificare ciò che è già avvenuto; e tuttavia il perdono può permettere di cambiare il futuro e di vivere in modo diverso, senza rancore, livore e vendetta. Il futuro rischiarato dal per-dono consente di leggere il passato con occhi diversi, più sereni, seppure ancora solcati da lacrime” (Francesco, Spes non confundit, 23).
In questa linea, il perdono non implica che si dimentichi il male ricevuto: questo non è possibile e non sarebbe neppure giusto. Bisogna invece ricordare senza il veleno dell’amarezza e del risentimento. È un po’ come quando una ferita si cicatrizza: la cicatrice rimane e ci fa ricordare la ferita che abbiamo ricevuto. Però la ferita è ormai chiusa, non brucia più, non fa più male. Così è il ricordo di chi ha perdonato: non brucia più, non fa più male.
Infine bisogna essere consapevoli che perdonare in profondità non è possibile in un colpo solo: la decisione di perdonare deve passare dalla volontà a tutte le dimensioni della persona, compresi gli affetti. “Sì, voglio perdonare, ma quando vedo quella persona da cui ho ricevuto del male, qualcosa dentro di me continua a ribollire”. Vogliamo perdona-re, ma i rancori e i risentimenti sono duri da sradicare. E allora ci vogliono passi graduali: non progettare il male contro chi ci ha fatto torto, non augurargli del male, pensare a qualche modo per riavvicinarci a lui… e ci vuole tempo: è inutile forzare le cose, bisogna perdonare nel cuore, desiderare la capacità di perdonare e invocarla dall’Alto; e poi attendere la capacità di perdono proprio come dono che dall’Alto ci viene.
don Luca